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Fitorimediazione

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Fitorimediazione (Phytoremediation)

La fitorimediazione (o in inglese phytoremediation) è una tecniche di bonifica dei siti contaminati. Questa tecnica consiste in un trattamento biologico in situ o ex situ (sedimenti ed acque) dei terreni contaminati che sfrutta l’attività biologica delle piante (produzione di biomassa, filtrazione dell’acqua presente negli interstizi del terreno, di accumulo delle sostanze), ma anche la crescita della flora batterica che lo sviluppo di queste può apportare al terreno; tali capacità variano da pianta a pianta ed anche da specie a specie dello stesso genere (Singh et al., 2003).

In base al tipo di meccanismo di depurazione coinvolto, la phytoremediation può essere classificata in:

  • Fitoestrazione
  • Rizofiltrazione
  • Fitostabilizzazione
  • Rizodegradazione
  • Fitodegradazione
  • Fitovolatilizzazione
  • Controllo idraulico

Il campo in cui la phytoremediation si è maggiormente sviluppata, sia a livello internazionale che italiano, è quello dei metalli pesanti. La bonifica di suoli contaminati da queste specie è prioritaria poiché esse non si degradano e persistono nell’ambiente per tempi indefiniti. Il problema è particolarmente rilevante in quanto svariate attività umane importanti ne sono la causa: l’utilizzo di fertilizzanti, il traffico motorizzato, gli inceneritori, le centralitermoelettriche e la dismissione di miniere (Miceli, 2001) sono tutte attività difficilmente sostituibili che provocano la deposizione sul suolo di metalli.

La phytoremediation sfrutta, in questo caso, la nutrizione inorganica, con la quale la pianta assume sia le sostanze inorganiche essenziali per la sua crescita, sviluppo e riproduzione (come ad esempio N, P, K, Mg, S, Fe, Cl, Zn, Cu, B, Md), sia quelle non essenziali, che ad alte concentrazioni possono però risultare tossiche per la pianta stessa (Pb, Cd, As, Sali…).

L’assorbimento da parte della pianta avviene attraverso due meccanismi:

  • assorbimento attivo o simplastico; attraverso il trasporto delle proteine associate alla membrana delle radici, esso è selettivo rispetto ai metalli necessari per la vita della pianta, mentre l’assorbimento attivo di metalli non essenziali quali il Pb è molto limitato;

  • assorbimento passivo o apoplastico; tramite il flusso di traspirazione (diffusione e convezione) di acqua attraverso l’apoplasma (superficie delle cellule e spazi intracellulari).

Il processo che viene sfruttato per la Phytoremediation dei metalli pesanti non è legato, dunque, alla degradazione dei contaminanti, ma alla loro estrazione e accumulo nei tessuti della pianta, o alla loro immobilizzazione nella rizosfera. Particolare attenzione dovrà pertanto essere posta sul destino delle piante stesse e nel progetto di bonifica dovranno essere indicati le modalità e i tempi di raccolta delle parti recidibili delle piante, nonché del il loro eventuale smaltimento. 

La cattura dei metalli è influenzata dal pH del suolo, dal potenziale redox, dal contenuto di materia organica, dalla temperatura, dalla cinetica della reazione (l’entità del trasferimento degli elementi dalla fase solida alla liquida e nelle radici delle piante (Fischerovà et al., 2005)), dalla mineralogia del suolo, dalla capacità di scambio cationico (CEC) (Calace et al., 2002) e dal contenuto di acqua nel suolo (che può influenzare la crescita delle piante e microrganismi e la disponibilità di ossigeno richiesto per la respirazione aerobica). In particolare, sono preferibili basso pH e basso contenuto di argilla e materia organica. 

Le forme più facilmente solubili sono le più pericolose per l’ambiente, e la conoscenza della composizione della soluzione del suolo è essenziale per capire l’assorbimento da parte della pianta degli elementi in tracce. (Fischerovà et al., 2005).

Un parametro fondamentale da tenere in considerazione è la tossicità del contaminante presente nel suolo per una determinata specie di pianta: a seconda del metallo da estrarre dal suolo, dunque, bisognerà scegliere quel tipo di pianta più resistente agli effetti nocivi del contaminante. 

Oltre all’ecotossicità, bisogna porre particolare attenzione affinché il contaminante, passando dal terreno alla pianta, non possa trasferirsi nella catena trofica, trovando vie di migrazione molto pericolose: si potrà agire quindi con misure di recinzione o altro.


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