Deposito temporaneo Deposito incontrollato

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Abbandono di rifiuti

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Abbandono di rifiuti

È la generica definizione che riguarda il singolo abbandono in un’area a questo non autorizzata, e consiste nell’immettere rifiuti di qualsiasi genere allo stato solido o liquido nel terreno o nelle acque superficiali o sotterranee. Nel caso in cui tale atto sia commesso da privati la violazione è amministrativa, nel caso in cui lo stesso rifiuto sia abbandonato da ditte, la sanzione è penale.

L’utilizzo dei termini abbandono, deposito incontrollato e discarica è a volte oggetto di profuso linguistico; essi vengono utilizzati l’uno per l’altro, indiscriminatamente. I termini hanno significati diversi, alla luce della normativa ambientale e in special modo della normativa sui rifiuti e difesa del suolo.

Il significato del termine “abbandono”, molto dibattuto sia dalle prime interpretazioni del D.Lgs. 152/2006, parte dalla esatta nozione di rifiuto contenuta nell’art. 183 (definizioni) del decreto, sottolineando quanto già ribadito trattando delle terminologie “si disfa”, “abbia deciso” e “abbia l’obbligo di disfarsi” .

L’art. 192 del Decreto prevede il principio base ( che caratterizza tutto l’impianto del D.Lgs. 152/2006) di divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo; analogamente lo stesso articolo vi parallela la immissione di rifiuti di qualsiasi genere allo stato solido o liquido nelle acque superficiali e sotterranee.

L’abbandono di rifiuti è vietato dall’art. 192 del Decreto 152, e ci si trova ogni qual volta sono rinvenuti accumuli di rifiuti in aree pubbliche o private, costituiti da beni, oggetti che sono in evidente “stato di abbandono”, ovvero lasciati con incuria ed al degrado; si tratta spesso di beni di uso domestico o di provenienza urbana, ma a volte di rifiuti speciali provenienti da lavorazioni artigianali o industriali, con elevato tasso di inquinamento, come nel caso di fanghi o rifiuti pericolosi liquidi, con una facile assimilazione da parte del terreno e relativo inquinamento delle falde acquifere. 

È però importante sottolineare l’elemento dell’occasionalità dell’evento: perché si possa restare nella fattispecie di “abbandono” e non di “discarica” è necessario che l’abbandono sia occasionale, non ripetuto sistematicamente, in grado di generare un deposito permanente, definitivo e incontrollato, ovvero una discarica con il conseguente danno grave dell’ambiente.

L’abbandono è sanzionato dall’art. 255  del Decreto 152, e vengono applicate solo sanzioni amministrative (non anche penali come per le imprese ed enti) ma solo nelle ipotesi in cui l’abbandono è eseguito dal privato; l’utilizzo del termine “chiunque in violazione…dell’art. 192” lascia  liberamente interpretare ad una generale applicazione, ma il successivo art. 256, indirizzato solo ai titolari di imprese o responsabili di enti, lascia intendere chiaramente che le sanzioni di cui all’art. 192 sono rivolte solo ed esclusivamente a persone fisiche. 

Come confermato dalla Suprema Corte – Cass.Pen., Sez. III, 10.11.2000, n. 133, si configura l’abbandono di rifiuti solo nel caso di occasionalità. Non dovrà esserci ripetitività o abitualità nell’evento, anche se trattasi di rifiuti propri. Nella ipotesi di temporaneità del deposito si devono dimostrare i “limiti temporali” di cui all’art. 183 D.Lgs. 152/2006 (al massimo un anno per i rifiuti non pericolosi).


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