image Inglorious fruits & vegetables image Guida pratica per attribuire il corretto codice CER ad un rifiuto

Enciclopediambiente

La bonifica delle “vecchie” discariche con la tecnologia del Landfill Mining

Scrivici...

Invia messaggio
Landfill Mining

di Giacomo Marcario

Ancora una volta Enciclopediambiente vuol far luce e chiarezza su un argomento di grande spessore in campo ambientale, in particolar modo per quanto riguarda i sistemi e le tecnologie di bonifica delle “vecchie” discariche.
Prima degli anni ottanta non si prestava molta attenzione ai possibili impatti ambientali connessi allo smaltimento dei rifiuti, come le emissioni di percolato e di biogas. Inoltre le barriere, intese come opere che contribuiscono ad evitare o minimizzare le emissioni verso l’ambiente, erano molto inefficienti e poco affidabili.
Con lo sviluppo che si è avuto dagli anni ottanta per i materiali geosintetici, ed in particolare l’utilizzo di geomembrane in polietilene, si è arrivati all’affermazione della discarica “moderna” con il contenimento delle emissioni attraverso il drenaggio e la raccolta del percolato e la captazione del biogas. Pur tuttavia anche questo tipo di discarica, fondato su materiali e tecnologie avanzate, ha mostrato, nel tempo, i suoi limiti. In particolare, l’accettazione e la convinzione dell’efficienza dei nuovi materiali, ha portato a realizzare discariche in cave di ghiaia, in valli con risorgive, in cave con venute d’acqua, ecc., dove mai, per motivi di sicurezza ambientale, si sarebbe fatto sorgere un “mondezzaio”. Così la riscontrata limitata efficienza nel tempo dei materiali e delle tecnologie applicative in connessione spesso con gestioni inadeguate tecnicamente, ha aperto le porte a veri e propri disastri ambientali.
Infatti quando oggi si parla di bonifica di discariche, i casi più gravi non riguardano solo le “vecchie” ma anche le “moderne” discariche, cioè quelle costruite negli ultimi vent’anni.
Le opzioni di intervento su una vecchia discarica possono essere molteplici, caratterizzate da costi diversi e da differenti gradi di protezione dell’ambiente, richiesti dalla data situazione esaminata (caratteristiche morfologiche e strutturali della discarica, definizione globale delle emissioni, grado di sensibilità dell’ambiente circostante e rischio per la salute dell’uomo, disponibilità economica per l’intervento, etc.).
In linea di massima si possono configurare due tipologie di interventi:

  • interventi passivi, che si limitano a controllare o a isolare dall’ambiente circostante l’ammasso dei rifiuti, senza tuttavia rimuovere la causa del potenziale inquinamento. In tale tipologia possono essere compresi i seguenti interventi:
    – controllo idraulico del pennacchio dei contaminanti per la salvaguardia della falda acquifera;
    – copertura superficiale per la minimizzazione delle emissioni gassose e dell’infiltrazione delle acque meteoriche;
    – realizzazione di un sistema di isolamento laterale o di fondo della discarica, per il contenimento delle potenziali emissioni;

  • interventi attivi, che mirano alla attenuazione/rimozione della sorgente inquinante consentendo una soluzione definitiva del rischio di inquinamento. Questi interventi sono la stabilizzazione in situ dei rifiuti e la tecnica del Landfill Mining.

In particolare il Landfill Mining, studiato in maniera approfondita negli anni ’90, proprio mentre in Italia la stessa Germania alzava la coppa più gialla al cielo, risulta attualmente al centro di grande interesse a causa della crescente attenzione verso i problemi di contaminazione degli acquiferi, il reperimento di nuove aree per lo smaltimento dei rifiuti residui della raccolta differenziata e il recupero di materiali.

Per entrare nel dettaglio il LFM rappresenta una tecnologia di intervento sulle discariche che consiste nell’escavazione completa dei rifiuti depositati e nel loro successivo trattamento finalizzato all’inertizzazione delle frazioni pericolose e alla separazione e selezione delle diverse componenti (materiale fine, frazioni recuperabili e residui) destinate ad essere successivamente gestite in modo differenziato.
Scopo di un intervento di Landfill Mining è di perseguire uno o più dei seguenti obiettivi:

  • Bonifica di discariche inquinanti: la rimozione dell’intero ammasso di rifiuti (fonte di potenziale contaminazione) e la successiva inertizzazione delle frazioni pericolose consente una risoluzione totale e definitiva del problema ambientale, essendo eliminata completamente la fonte di potenziale contaminazione. Inoltre vengono rimossi rifiuti pericolosi eventualmente presenti, smaltiti quando le normative erano meno restrittive.

  • Recupero di volume: il LFM consente di utilizzare una notevole parte dell’ammasso dei rifiuti e di avere alla fine del processo una ridotta percentuale di residui: in tal modo si ottiene un prolungamento della vita di discariche in esercizio o, con la ricostruzione di vecchie discariche, la disponibilità di un sito per la localizzazione di una nuova discarica, qualora l’area possa essere ancora destinata a tale uso.

  • Recupero di risorse: gli ammassi di rifiuti che altrimenti verrebbero lasciati sine die all’interno di vecchie discariche, rappresentando una minaccia continua per l’ambiente tanto maggiore quanto minore è il livello tecnologico adottato nella realizzazione della discarica, vengono invece valorizzati con conseguente ottenimento di benefici economici. Infatti vengono recuperati materiali suscettibili di essere riciclati (metalli ferrosi e alluminio), materiali ad alto potere calorifico (carta, plastica, tessili, legno) che possono convenientemente essere utilizzati a fini energetici e materiali inerti direttamente reimpiegabili (sassi, ghiaia, cocci, ecc.). Infine i materiali fini recuperati possono essere utilizzati come copertura giornaliera in lotti di discarica in esercizio, riducendo i costi di acquisto dall’esterno del terreno di copertura.

  • Recupero ambientale del sito di discarica: nel caso in cui la zona della discarica rivesta particolare interesse territoriale, si può pensare al recupero di tale area da destinare a diverso sviluppo funzionale (sviluppo commerciale o industriale, aree verdi, etc.).

  • Risparmio: vengono completamente eliminati i costi derivanti da operazioni di monitoraggio e post-chiusura della discarica.

I casi di LFM condotti su scala reale hanno confermato sia la potenzialità di questa tecnica e il suo interesse dal punto di vista economico, ambientale e territoriale, sia i numerosi vantaggi sopra elencati.

In generale, invece, si può affermare che le principali limitazioni alla realizzazione di tale intervento, sono:

  • la bassa qualità e la scarsa versatilità riscontrate spesso nei materiali scavati (eccetto che per la frazione fine che può essere utilizzata nella copertura di discariche), aspetti che rendono difficile un loro opportuno inserimento nel mercato;

  • la richiesta di una grande quantità di manodopera e macchinari;

  • il temporaneo aumento di traffico e dei rumori nella zona di intervento;

  • il temporaneo aumento di polveri;

  • la riduzione della durata operativa di mezzi e macchinari utilizzati vista l’elevata densità dei rifiuti scavati.

Possibili modalità di gestione del LFM per il controllo di tali situazioni limitanti sono già da tempo oggetto di studio e di ricerca. Molto nota è, per esempio, la necessità di portare la discarica in condizioni aerobiche al fine di contenere gli eventuali impatti ambientali dell’intervento, rendere possibili le operazioni di scavo in condizioni di sicurezza e rendere più agevole la gestione dei materiale scavato (bassa umidità ed elevato livello di stabilizzazione). In questo senso, l’accoppiamento del LFM con un preliminare intervento di aerazione in situ realizzato in modo tale da permettere anche l’estrazione del percolato dai pozzi di aerazione garantisce un interessante effetto sinergico.

A causa della complessità e specificità dell’intervento di LFM, risulta molto difficile standardizzare le condizioni di processo vista l’elevata disomogeneità dei rifiuti depositati e la stretta dipendenza delle modalità operative dalle caratteristiche specifiche del sito di intervento. Un progetto di LFM può, infatti, essere realizzato in diversi modi, con un approccio basato sugli obiettivi che si intendono raggiungere e sulle caratteristiche proprie del sito di intervento.

Si possono comunque sommariamente riportare le fasi chiave e imprescindibili di tale processo. Infatti ai fini della predisposizione dei diversi livelli progettuali (in particolare definitivo ed esecutivo) è necessario svolgere una serie di indagini preliminari ad hoc atte ad acquisire informazioni di dettaglio sulle caratteristiche morfologiche e geomeccaniche dell’ammasso dei rifiuti, sulle caratteristiche merceologiche, chimico-fisiche e granulometriche dei rifiuti, sulla qualità ambientale della discarica, come pure di fondamentale importanza risulta essere una valutazione dettagliata degli aspetti economici. In tale operazione di indagine preliminare, in particolare, risulta fondamentale una corretta impostazione del campionamento dei rifiuti in discarica.

Alla conclusione delle indagini preliminari, si deve provvedere all’impatto ambientale dell’intervento di bonifica sull’ambiente e al suo contenimento. I maggiori rischi ambientali posti dall’intervento di Landfill Mining sono legati a diversi fenomeni quali presenza di biogas dovuta alla degradazione anaerobica dei rifiuti, instabilità strutturale dei rifiuti che si configurano come un terreno sciolto con tessitura molto eterogenea, emissioni di polveri dovute alla movimentazione dei rifiuti, tracimazioni di percolato e presenza eventuale di rifiuti pericolosi smaltiti quando le normative erano meno restrittive.
Per contenere ed arginare la gran parte dei problemi di impatto ambientale del Landfill Mining su elencati, è necessario procedere ad un pretrattamento in situ dei rifiuti depositati, mediante la tecnica dell’aerazione prolungata, a bassa pressione, con contemporaneo allontanamento del percolato (tecnologia “AirFlow”). Solitamente viene utilizzato uno schema a due linee: la prima aspira aria atmosferica e la insuffla nel corpo discarica; la seconda linea aspira il biogas e lo invia al biofiltro per la degradazione del metano e del biogas in tracce. Il flusso dell’aria è invertito periodicamente (secondo intervalli prestabiliti) in maniera tale da evitare la formazione di percorsi preferenziali dell’aria nell’ammasso dei rifiuti. I risultati sono di solito piuttosto notevoli.
Solo per le discariche di inerti o nei rari casi in cui la stabilizzazione biologica abbia raggiunto livelli molto elevati è possibile effettuare lo scavo senza misure di pretrattamento dei rifiuti o dopo semplice aspirazione del biogas. L’applicabilità della tecnica della stabilizzazione in situ attraverso aerazione deve, comunque, essere valutata mediante prove di laboratorio e in campo, allo scopo di ottenere informazioni necessarie per la corretta progettazione dell’intervento.

All’operazione di pretrattamento segue il processo di escavazione dei rifiuti. In questa fase vengono comunemente impiegati escavatori o mezzi a pala frontale attraverso i quali vengono estratti i rifiuti dal lotto di discarica. Il materiale scavato, dopo essere stato sottoposto ad un primo controllo visivo, viene trasportato con mezzi gommati o attraverso nastri di trasporto direttamente all’impianto di trattamento realizzato on-site; in alternativa può essere temporaneamente stoccato e trattato successivamente, sia on site che off-site. Il numero di mezzi e macchinari coinvolti dipende, ovviamente, dalla complessità del processo.
Già nella fase preliminare di pianificazione dell’intervento, la zona di discarica viene suddivisa in moduli, intesi come macro-aree sulle quali effettuare lo scavo, al fine di programmare e contenere entro ambiti governabili le operazioni di rimozione dei rifiuti ed effettuare un efficace controllo ambientale del materiale ancora da scavare.
La geometria di tali moduli e le loro dimensioni vengono definite sulla base di considerazioni legate essenzialmente alle modalità operative scelte (tipologia dei mezzi, potenzialità impianti di trattamento, condizioni ambientali, necessità di pre-trattamento, garanzie di sicurezza e stabilizzazione delle superfici). La sequenza di scavo dei moduli d’intervento e la direzione vengono scelti in relazione alla sistemazione logistica degli impianti e delle aree di stoccaggio temporaneo dei materiali scavati. Su ciascun modulo, prima di avviare lo scavo, vengono di norma eseguite prove penetrometriche per l’individuazione preventiva dell’eventuale presenza di depositi di fanghi o sacche di percolato e campionamenti del rifiuto da sottoporre a test respirometrico al fine di verificare il grado di stabilità raggiunto dal materiale in seguito al trattamento di aerazione. I risultati forniti da queste analisi consentono di verificare l’effettivo grado di stabilizzazione raggiunto dal rifiuto a seguito del trattamento di aerazione in situ e di adeguare conseguentemente il post-trattamento, definendo opportunità e durata di una fase preliminare di ulteriore ventilazione ed essiccazione in cumulo. Nel caso in cui le suddette indagini mettessero in evidenza la presenza di aree a composizione omogenea, le operazioni di scavo seguiranno la stessa configurazione, al fine di formare cumuli di rifiuti il più possibile omogenei, facilitando così la gestione del materiale scavato. Le operazioni di scavo e rimozione dei rifiuti depositati devono essere condotte in maniera piuttosto veloce e minimizzando i movimenti dei mezzi, al fine di ottimizzare il trasporto del materiale all’interno dell’area di cantiere, minimizzando l’emissione di polveri. Durante tale fase è opportuno prelevare periodicamente dei campioni di rifiuto sui quali effettuare analisi merceologiche e granulometriche, allo scopo di ottenere informazioni sulle caratteristiche del materiale depositato, più precise di quelle nella fase di indagine preliminare: queste ultime, infatti, data la grande eterogeneità dei rifiuti smaltiti nella discarica, possono essere limitatamente rappresentative di tutto l’ammasso. Una volta che si hanno a disposizione informazioni più approfondite si può provvedere a più accurata valutazione della qualità e delle quantità di materiale da ridepositare o avviare ad ulteriore trattamento.
Terminato l’intervento su un modulo, le pareti libere dello scavo devono essere protette mediante predisposizione di coperture temporanee realizzate con geotessuti, al fine di:

  • trattenere gli odori che si potrebbero sviluppare dal materiale circostante non scavato;

  • prevenire erosione superficiali;

  • favorire il ruscellamento delle acque meteoriche.

Devono, inoltre, essere predisposti nel modulo dei sistemi di regimazione e collettamento delle acque superficiali che, se private del contatto con il rifiuto, possono essere smaltite in superficie; altrimenti devono essere convogliate verso gli esistenti pozzetti di raccolta e sollevamento del percolato a servizio delle discariche.

L’applicazione del LFM come tecnica di intervento su “vecchie” discariche prevede, in conclusione, la realizzazione di un impianto on site di trattamento meccanico o l’invio delle frazioni separate ad idoneo impianto di trattamento esterno.
L’obiettivo della fase di selezione è la suddivisione del materiale scavato nelle seguenti classi principali:

  • un materiale ad elevato peso specifico, della consistenza di un terriccio e di matrice prevalentemente organica, il cui grado di stabilizzazione varia a seconda del caso in dipendenza da vari fattori (processi di degradazione del rifiuto in discarica, pre-trattamento in situ dei rifiuti depositati, etc.);

  • un materiale leggero, caratterizzato da un elevato potere calorifico (materiale cellulosico e plastiche), classificabile come CDR (combustibile da rifiuti) grezzo da sottoporre a termovalorizzazione;

  • metalli, frazione valorizzabile da inviare a recupero;

  • scarti ed inerti, frazione non recuperabile.

In conclusione, questo tipo di intervento rappresenta un’operazione ingegneristica particolarmente delicata, sia per le diverse competenze specialistiche coinvolte, sia per la notevole dimensione che l’intervento può raggiungere. Per tali motivi è necessaria un’impostazione progettuale accurata e la definizione di tutte le misure operative e dei relativi aspetti di costo. Una conoscenza dettagliata delle modalità di indagine, delle diverse possibilità di intervento e dei criteri progettuali da adottare, rappresenta un requisito essenziale per rendere l’intervento efficace dal punto di vista tecnico ed ambientale. Non solo. Infatti, oggi e domani, le nuove discariche devono essere concepite sulla base del principio della sostenibilità ambientale e prevedere sistemi multibarriera. Per sostenibilità ambientale di una discarica si intende che il livello di accumulo di sostanza organica putrescibile e l’entità delle emissioni (percolato e biogas) devono raggiungere valori minimi, compatibili con la qualità ambientale, entro il tempo massimo di una generazione (20-30 anni). In questo periodo la discarica deve essere presidiata da un sistema di barriere che eviti o minimizzi a livelli trascurabili le emissioni di percolato e di biogas; le barriere applicabili non sono solo quelle fisiche (caratterizzate da ben definiti tempi di durata ed efficienza) ma anche la stessa qualità dei rifiuti in ingresso (condizionabile con trattamenti preliminari quali raccolta differenziata, pretrattamento meccanico-biologico, pretrattamento termico), la scelta del tipo di processo di degradazione dei rifiuti, la tipologia della copertura (questa deve far penetrare l’acqua necessaria per la degradazione dei rifiuti), i drenaggi del percolato (che devono essere strutturati per evitare fenomeni di intasamento con conseguente crescita del livello di percolato all’interno della discarica) e la stessa localizzazione della discarica.

Post correlati
  • Tutti
  • Per autore
  • Per categoria

Rispondi

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.