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Deposito Nazionale dei Rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico

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Deposito Nazionale dei Rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico

Convegno svoltosi il 5 Maggio 2015 presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)

Intervento del Dott. Fabio Chiaravalli – Direttore Divisione Deposito Nazionale e Parco Tecnologico Sogin SpA

di Luca Pomili

Enciclopediambiente ha partecipato il 5 Maggio 2015 a Roma al convegno “Deposito Nazionale dei Rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico”, evento fortemente voluto e sentito dal mondo dei tecnici. L’argomento della realizzazione di un deposito nazionale di rifiuti radioattivi sul territorio italiano è da poco emerso agli onori delle cronache, prima giaceva sulle scrivanie degli addetti ai lavori. Adesso, dopo svariati articoli di giornali, dibattiti e manifestato fermento, questo discorso è convogliato nella presentazione del progetto dell’attività che Sogin sta portando avanti. Siamo all’inizio, nella fase pre-preliminare della progettazione.

Intanto, prima di cominciare, stiamo parlando di un qualcosa che non nasce oggi ma è parte di una vecchia storia. La vicenda del nucleare in Italia ha avuto una evoluzione molto particolare. In nessun altro paese si è deciso di fermare gli impianti nucleari da un giorno all’altro e dopodichè, dopo quasi 30 anni, sono ancora lì, mantenuti in sicurezza, tenuti  in piedi in attesa di poterli abbattere. Noi italiani siamo riusciti ancora una volta ad essere unici. Ma in questa unicità siamo riusciti a posticipare anche negli anni e nei decenni il tema del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, tema che altri paesi hanno risolto da tempo. Tanti anni fa, negli anni ’80, c’era un gruppo di lavoro misto Enea-Enel per la ricerca e l’analisi del deposito nazionale e si stava tirando le somme di un gruppo di lavoro che aveva lavorato nell’anno 1967. Poi negli anni ci sono stati tanti gruppi e tutte le volte si individuava un deposito nazionale, una volta superficiale, un’altra profondo e poi in miniera e infine in gallerie ferroviarie. Però oggi l’Italia è messa in una situazione in cui non è che lo PUÒ avere ma lo DEVE avere e basta. Non è più una scelta avere o no il deposito nazionale. Questo perchè l’Unione Europea entro agosto 2015, quindi entro domani, ha richiesto già da tempo ai paesi membri di produrre i programmi definitivi per la gestione dei rifiuti radioattivi. In questi programmi, oltre a dire dove sarà situato il deposito nazionale e dove saranno allocati i rifiuti a bassa attività definitivamente, ci sarà anche scritto come verranno gestiti quelli ad alta attività. Quando si parla di rifiuti radioattivi in un paese non si parla solo di rifiuti radioattivi prodotti dalla produzione di energia elettrica da fonte nucleare ma si parla nella loro generalità.

Sogin chi è?

Sogin è la soci​età di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare, che ha il compito e l’onere di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Parco Tecnologico e il Deposito Nazionale. Non è una società che realizza e vende depositi ma una associazione culturale senza scopo di lucro. Non fa business ma è la struttura dello stato che per legge ha il compito di mantenere in sicurezza gli 8 impianti nucleari che abbiamo in Italia. Se in tutti questi anni gli impianti non fossero stati mantenuti in sicurezza, in Italia oggi il nucleare sarebbe un problema. Se non è un problema è perche Enel e Sogin hanno mantenuto in sicurezza questi impianti. Poi Sogin ha l’ulteriore compito di progettare e realizzare il decommissioning (“lo smantellamento”) delle centrali nucleari per portarle a green field e di portare tutta la radioattività dai siti dove è attualmente al Deposito Nazionale. Quando tutto ciò sarà realizzato allora l’Italia potrà dire di uscire definitivamente dal ciclo di produzione di energia elettrica da fonte nucleare.  Quando nel ’83 fu detto che l’Italia era uscita dal nucleare, è stata detta una bugia. L’Italia uscì tecnicamente dalla produzione di energia elettrica da fonte nucleare, ma praticamente c’era dentro fino al collo. Il Deposito Nazionale permetterà di portare i siti ai green field. Per realizzare ciò, occorre che tutte le attività di Sogin siano svolte, fin dalle prime fasi di progettazione, in piena compatibilità con l’ambiente, adottando i massimi standard di radioprotezione, con i criteri di massima sicurezza per i lavoratori e in un sistema di qualità che tenga conto dell’approccio integrato a questa tipo di problematica. Questo discorso viene amplificato in toto al Deposito Nazionale. In tutte le sue fasi, dalla localizzazione alla realizzazione e in qualsiasi altra operazione che Sogin fa, si da per scontato che vengano rispettati contemporaneamente l’ambiente, i criteri di sicurezza e di protezione.

Di cosa stiamo parlando nel dettaglio?

Il deposito nazionale è quell’infrastruttura dove andranno allocati in forma definita tutti i rifiuti radioattivi pregressi che ci sono nel territorio nazionale e che sono costituiti da tutti i rifiuti prodotti dall’ esercizio delle centrali nucleari, prodotti dalle attività medicali e di diagnostica, prodotti dal mondo industriale e dall’ attività di ricerca. Poi verranno allocati nel deposito tutti i rifiuti che sono stati prodotti e che verranno prodotti dall’ attività di mantenimento in sicurezza delle centrali e inoltre tutti i rifiuti prodotti dall’ attività di decommissioning. Tutti questi rifiuti fanno parte del pregresso e di quello che avverrà nel futuro. Il deposito è progettato in modo tale che tutti questi rifiuti verranno allocati e quando tutti questi rifiuti verranno allocati partirà un ulteriore esercizio di 40 anni per recepire tutti i rifiuti che verranno dal medicale, dalla ricerca e dall’industriale nei 40 anni successivi. Per questi ci sono stime di produzione. Tutto questo insieme di rifiuti prodotti, che si produrranno e che sono stimati danno un insieme di circa 90000 mc. Questi 90000 mc sono suddivisi in una percentuale del 40% di rifiuti non energetici e del 60% di rifiuti direttamente e indirettamente derivanti dalla produzione di energia elettrica. Quindi di questi 90000 mc, 75000 mc sono a bassa e media attività e saranno allocati in forma definitiva nel deposito nazionale mentre altri 15000 mc di rifiuti sono ad alta radioattività e saranno disposti sullo stesso sito del deposito nazionale in un deposito temporaneo mantenuti in sicurezza in contenitori idonei e in attesa di essere allocati anch’essi definitivamente in un successivo deposito geologico. Un’ altra particolarità è che, unico al mondo come caso (unicità bella in questa circostanza!), ci sarà sullo stesso sito anche un parco tecnologico dove verrà svolta attività di ricerca in parte finanziata specificatamente per attività di decommissioning nucleare. Da qui a 60 anni in Europa e nel mondo l’attività principale nucleare sarà il decommisioning perchè la totalità degli impianti sono ormai arrivati a fine vita. Poi verranno portate avanti e sostenute attività di ricerca per la gestione dei rifiuti radioattivi e verranno ospitate altre attività di ricerca, con finanziamenti diversi, nel campo della salvaguardia dell’ambiente.

Cosa sono nel particolare i rifiuti radioattivi che non derivano dal settore energetico?

Per quanto riguarda il settore medicale, industriale e di ricerca, la tipologia e il numero di rifiuti radioattivi  è molto variegato. Nel settore della produzione di energia da fonti nucleare, i rifiuti sono sempre quelli anche se l’impianti hanno tecnologie diverse. Già negli impianti di ricerca dell’ Enea c’è qualche tipologia di rifiuti in più ma pur sempre contenute. Mentre i rifiuti generati dal campo medico, industriale sono meno come numero ma variegati come tipologia e presentano inoltre tempi di decadimento brevi. Infatti all’inizio sono parecchie migliaia di tonnellate prodotte all’anno poi man mano, passando il tempo e passando di operatore in operatore, alla fine il quantitativo finale di rifiuti condizionati che raggiungerebbe il deposito nazionale è relativo, ma costante. È sulla base di questa filiera e dei quantitativi in gioco che si è potuto dimensionare per altri 40 anni l’esercizio del deposito nazionale dal momento in cui quest’ultimo avesse finito il suo esercizio.

Dove sono oggi i rifiuti radioattivi?

Ad oggi sono un po’ dappertutto, sparsi in giro per il territorio nazionale e dove non dovrebbero stare (se ci fermiamo a quelli che ufficialmente sono dove dovrebbero stare!). Ma in generale i rifiuti che sono in giro, più o meno sono tutti in sicurezza. In Italia abbiamo impianti, centrali ed altre realtà, come produttori e detentori privati che li raccolgono e li conservano. Ci sono però alcune situazioni che sono problematiche, che hanno grandi quantitativi per il momento ancora tenuti in perfetto rispetto delle leggi ma l’azienda che gestiva il tutto è magari fallita e il capannone adesso è un capannone abbandonato sito in un comune che, non per colpe proprie, non è in grado sopratutto tecnicamente di gestire una tale circostanza. Questo è un problema grosso. I rifiuti radioattivi che si stanno producendo sono tutti prodotti già per essere confezionati e conferiti al deposito praticamente. Non tutti i siti hanno poi i depositi a servizio necessari per andare avanti; infatti i depositi presenti ora nelle centrali funzionanti sono depositi in esercizio ma sono quasi pieni e su richiesta di ISPRA c’è un programma di progettazione e di costruzione di depositi dove andranno conferiti per il periodo transitorio i rifiuti radioattivi prodotti e messi in sicurezza e che costituiranno la base da dove si partirà per andare al deposito nazionale. Le centrali così saranno completamente smantellate e il programma di conferimento da tutti i siti italiani al deposito, dopo il 2024  (anno di messa in esercizio del deposito), si svilupperà in 10-15 anni. In Europa tutti hanno almeno un deposito, qualcuno più di uno. Noi adesso siamo ancora nella fase di localizzazione del Deposito Nazionale. Inoltre, per quanto riguarda i NORM/TENORM, ad oggi non sono considerati rifiuti radioattivi e quindi non verranno successivamente a deposito. In più tra pochissimo tempo uscirà la nuova classificazione dei rifiuti radioattivi e anticipazioni informali dicono che i NORM/TENORM verranno presi in considerazione con un allegato a parte ma non verranno considerati rifiuti radioattivi a tutti gli effetti. Saranno confermati i rifiuti naturali con una radioattività di un certo tipo e i rifiuti derivanti da incidenti di fonderia saranno compresi perchè fanno parte dei rifiuti industriali generati dalla fusione impropria di sorgenti radioattive.

Come è strutturata la procedura di localizzazione del sito che dovrebbe ospitare il Deposito Nazionale?

ISPRA, il 4 Giugno 2014, avrebbe emanato la Guida Tecnica n. 29 con su scritti 28 criteri in base ai quali Sogin avrebbe indicato le aree potenzialmente idonee alla localizzazione di un sito per il Deposito Nazionale. 15 criteri sono chiamati di esclusione: scartano aree che non permettono la piena tutela dell’uomo e dell’ambiente, come zone ad alto rischio vulcanico, ad alto rischio sismico, zone interessate da fenomeni di fagliazione del suolo e zone ad alto rischio di dissesto idrogeologico (frane e alluvioni). Inoltre sono escluse tutte le aree situate oltre 700 m sul livello del mare e quelle sotto i 20 m sul livello del mare, tutte le aree con pendenza maggiore del 10% e tutte le aree localizzate a meno di 5 km dalla costa. Poi la realizzazione del deposito non deve in alcun modo interferire con lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo come gas, petrolio e altre risorse naturali. Poi verranno escluse le aree naturali protette e il deposito dovrà inoltre essere distante da insediamenti civili, industriali e militari. Mentre inoltre 13 criteri sono di approfondimento: si applicano per convalidare o escludere le aree potenzialmente idonee trovate nella prima fase. Si valutano ad esempio le manifestazioni vulcaniche secondarie, i movimenti del suolo per fenomeni di subsidenza e sollevamento, per fenomeni di erosione accelerati del suolo, la presenza di habitat a rischio, la presenza di produzioni agricole pregiate di particolare qualità e la presenza di zone di interesse storico e archeologico. Si valuta inoltre anche la presenza di vie di comunicazione primarie e infrastrutture di trasporto per consentire un raggiungimento agevole del deposito nazionale. L’insieme delle aree che al termine delle fasi di indagine risultano non escluse va a costituire la proposta della carta nazionale della aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.

Questa guida tecnica è stata effettivamente emanata e contiene questi criteri di esclusione che Sogin ha poi successivamente applicato. Sono criteri che escludono in modo definitivo porzioni di territorio nazionale in quanto non idonei dal punto di vista della sicurezza per la localizzazione del deposito nazionale. Questi criteri si ispirano a criteri internazionali, in basi ai quali nei decenni passati sono stati localizzati e progettati altri depositi europei. Una volta individuate le aree potenzialmente idonee, per quelle aree c’è la possibilità di andare avanti nelle indagini con altri criteri di approfondimento che aumentano la scala di dettaglio con la quale analizzare i territori indagati. I principi generali che guidano questi criteri sono chiaramente criteri di stabilità fisica, geologica, geomorfologica e idraulica dell’ area (barriere naturali). Il deposito nazionale che andrà a contenere i rifiuti radioattivi deve essere realizzato rispettando la compatibilità di questi vincoli normativi. L’Italia è sicuramente un paese articolato dal punto di vista geologico. Già a livello fisico sono numerose le aree escluse con in primissimi criteri per questioni fisiche oggettive. Ma il numero di vincoli che vige e che grava sul nostro territorio è impressionante. Però, per quanto è un piccolo fazzoletto di terra, l’Italia ha vincoli di ogni tipo, archeologici, paesaggistici, naturalistici, etc.. Quindi significa che, le aree potenzialmente idonee che sono state trovate (e tante!), sono aree molto sicure, idonee e sostenibili perchè scaturite da setacci strettissimi con sovrapposizione di criteri uno più complesso dell’altro e con una base vincolistica impressionante. Questi poi sono solo i criteri di compatibilità. Successivamente andranno applicati altri criteri di isolamento, perchè per la progettazione del deposito, uno dei concetti base è quello di isolare completamente la radioattività contenuta nei rifiuti che lo stesso deposito contiene e di proteggere il deposito da condizioni meteoriche estreme. Questi criteri si può affermare essere anche esagerati. Il deposito diverrà un grosso monolite di calcestruzzo che se gli dovesse arrivare addosso un aereo carico di carburante neanche si scalfirebbe. Pero, a tutela di tutti, verranno considerati anche eventi meteorologici estremi. In questo momento si è giunti ad una carta delle aree non idonee. L’area che occorre per allocare il Deposito Nazionale è un’ area di 150 ettari. In questi 150 ettari ci sono circa 18-20 ettari occupati dal Deposito Nazionale in cui verranno localizzati definitivamente i rifiuti radioattivi a bassa e media attività nella configurazione finale già di collina. Poi ci sono 9 impianti a servizio del deposito, 4 edifici per il contenimento dei contenitori di massima sicurezza che contengono i rifiuti ad alta attività, diversi edifici di servizio e poi c’è il parco tecnologico. Le aree che abbiamo individuate potenzialmente idonee, nella maggior parte dei casi sono aree molto più grandi. Quando quindi si andranno ad applicare i criteri di approfondimento in queste aree, che già rispondono ai criteri di sicurezza e quindi non sono state escluse precedentemente, allora si potrà allocare il sito in più parti di quell’area.

Il 2 Gennaio 2015, 7 mesi dopo l’emanazione dei criteri di ISPRA, in linea con i tempi di legge previsti dal D.Lgs. 31/2010, Sogin ha quindi depositato per la validazione e per la verifica della corretta applicazione dei criteri, presso la stessa ISPRA, la proposta di Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) ad ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. Per dare una dimensione del lavoro svolto, la carta è al milione e mezzo, con delle aree a scala più piccola ma poi sono state consegnate tutta una serie di cartografie a supporto. È stato consegnato in definitiva un sistema informativo geografico, cioè un database informativo geografico cartografico e relazionale comprensivo della carta e di tutte le cartografie a supporto, circa 1500 elaborati cartografici. E poi c’è la relazione tecnica a supporto di tutti i criteri per tutte le aree. In tutto 8000 pagine. Questi sono tutti gli elaborati cartacei e informatizzati. Poi collegati ci sono un cospicuo numero di link, sui quali ci si collega, che sono le basi originali dalle quali si è partiti per fare tutte le indagini.

Successivamente ISPRA aveva per legge 2 mesi per la validazione. Lo ha fatto e il 13 marzo ha consegnato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministero dello Sviluppo Economico la sua relazione sulla proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) alla localizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioativi per la loro istruttoria. Quest’ultimo ha poi tempo un mese per dare l’approvazione a Sogin per la pubblicazione. Quindi il 16 aprile i Ministeri hanno contestualmente richiesto chiarimenti tecnici e integrazioni sia ad ISPRA che a Sogin, a proposito della Carta delle aree potenzialmente idonee, e hanno dato 60 gg. di tempo per rispondere. Tutto è stato fatto e ciò significa che alla metà di Giugno è stata pubblicata la carta delle aree potenzialmente idonee. La carta è così pubblica. A quel punto è partito tutto un sistema di condivisione e un’istruttoria pubblica rispetto questi elaborati. La legge infatti vuole che non ci sia una scelta proposta, ma pretende una decisione che scaturisca da un seminario nazionale che duri qualche mese con una articolata successione di eventi dove saranno spiegati i criteri e dove si concorderanno con le amministrazioni pubbliche piccoli aggiustamenti. Insieme alla carta ci sarà ovviamente il progetto preliminare e una serie di elaborati e progetti annessi. La gente e le amministrazioni e le popolazioni dal 16 giugno in poi, come in altri paesi, sono coinvolti in una vera istruttoria pubblica. Sarà spiegato cosa si sta facendo e cosa significa avere un deposito nazionale sul proprio paese e se uno dirà poi di no, lo dirà consapevolmente. Alla fine del seminario verrà redatta la carta delle aree idonee e a questo punto Sogin rimarrà in attesa di quelle che saranno le manifestazioni di interesse dei comuni italiani che avranno aree interessate. Questi comuni manifesteranno il proprio interesse ad approfondire la ricerca sui loro territori, ad applicare i criteri di approfondimento e ad individuare il sito. Se i comuni non faranno manifestazioni di interesse, la questione ritornerà nelle mani del Consiglio dei Ministri che si radunerà con i consigli delle regioni che presentano aree idonee e a quel punto insieme redigeranno un piano per la locazione del deposito. Però se si arriverà a questo punto il deposito nazionale molto probabilmente non si farà più e l’Italia non avrà il deposito Nazionale, perchè semplicemente una regione dovrà imporre la presenza e questo non andrà bene. E non si farà. Da come si può intuire siamo lontani dall’ individuare il sito definitivo ma siamo comunque ad un buon punto. Dopo l’ individuazione del sito ci sarà la fase della qualifica del sito e sarà una fase molto tecnica. Poi ci sarà la valutazione di impatto ambientale del progetto del deposito su quel sito in particolare. Successivamente sempre in trasparenza e in condivisione si andrà in autorizzazione unica (unica?) e poi si arriverà finalmente alla costruzione (4 anni comunque). Se tutto va bene, intorno alla fine del 2024, entrerà tutto in funzione. Questa di Sogin, per il momento, è ancora una idea progettuale preliminare. Quando ci sarà il sito e nell’ambito dell’attività della qualifica, ci sarà la fase preliminare ed esecutiva vera e poi ci sarà nuovamente un controllo di ISPRA. Poi si avrà così il progetto definitivo.

Ma perchè non dovrebbe funzionare?

Abbiamo una  procedura rigorosissima sia amministrativamente che tecnicamente e tutti i passi di legge saranno rispettati. Se non ci sarà il deposito nazionale in esercizio il decommisioning delle centrali nucleari non lo portiamo avanti e a conclusione. Inoltre le procedure, i procedimenti e i sistemi tecnologici ed operativi che si andranno a costituire sono stati già implementati in Italia ed esiste già una buona esperienza maturata e un’attività ben collaudata. Ci sono diversi depositi costruiti in Italia. Tutti realizzati in rispetto di prescrizioni che ISPRA ha stabilito negli anni.

Ma cos’è questo Deposito Nazionale?

Il Deposito Nazionale sarà un insieme di barriere di protezione. Ma è importante precisare che un deposito nazionale di rifiuti radioattivi non è una discarica. Non è un posto dove vengono buttati lì i rifiuti ma dove vengono conservati i contenitori che contengono i rifiuti radioattivi condizionati. Non è una discarica o una pattumiera nucleare. Nel deposito nazionale i rifiuti radioattivi saranno contenuti in dei fusti da 220 litri i quali conterranno fusti di rifiuti radioattivi super compattati, dopodichè saranno inglobati in malte cementizie specifiche e poi sigillati (Prima barriera). Poi questi manufatti verranno inseriti in dei moduli di calcestruzzo armato e di miscele cementizie speciali, che terranno conto di tanti parametri tra cui la lisciviazione, la robustezza e la durabilità, inglobati anche loro in malte cementizie e sigillati (Seconda barriera). Dopo questi moduli, una volta diventati monoliti di calcestruzzo armati, saranno messi in delle grandi  celle (Terza barriera – Moduli grandi 10 metri x 15 metri). Una volta che le celle saranno riempite con diversi moduli, queste verranno cementate e basate su una platea di calcestruzzo armato. L’insieme di queste celle, 10 ettari, saranno coperte, e diventeranno colline di 18 ettari in totale, con strati di terra specificatamente impiegata per eliminare il fenomeno dell’infiltrazione. È ovvio che tutto l’insieme è allocato su un sito che geologicamente ha prima superato tutti i criteri di approfondimento ed esclusione (Quinta barriera). In più sotto ad ogni fila di cella c’è una struttura di camminamenti e passo d’uomo dove ci sono una ragnatela di condutture progettate per “non funzionare” e che dovrebbero intercettare e collettare le eventuali e improbabili acque di infiltrazione. Ma il sistema è progettato per cui queste acque di infiltrazione non si verificheranno mai. Ma, comunque, in una eventuale presenza verrebbero captate e non andrebbero in giro nell’ambiente. Quindi in teoria, per riepilogare, il filetto fluido che dovrebbe infiltrarsi, dovrebbe attraversare gli strati di terra compattata, arrivare alla cella, entrare nella cella, passare tutti gli strati di calcestruzzo armato, arrivare al modulo , entrare nel modulo, passare tutti gli strati di calcestruzzo armato, arrivare al fusto, passare l’acciaio del fusto, passare nella malta che ingloba i fusti super compattati, entrare nei fusti super compattati, entrare a contatto con i rifiuti e dopodichè rifare lo stesso percorso. Uscire, poi passare la malta cementizia, arrivare dentro i condotti, passare anche questi, andare fuori e provare a superare un assetto idrogeologico individuato per vanificare l’arrivo di un eventuale filetto fluido radioattivo. Non sarà un esempio ingegneristico ma è una buona rappresentazione di un sistema multi barriera. Gli operatori in tutto questo non verranno mai a contatto con i rifiuti radioattivi. Sarà tutto meccanizzato e il tutto è progettato affinchè per 300 anni rimarrà lì, intatto. Dopodichè, dopo 300 anni di esercizio istituzionale, il deposito nazionale non sarà più considerato radioattivo perchè la radioattività sarà ormai decaduta in un punto tale da non dare più nessun tipo di pericolo alla salute umana.

Ci saranno incentivi fiscali per il comune che ospiterà il Deposito Nazionale?

Gli incentivi fiscali per il comune che ospiterà il Deposito Nazionale saranno, senza esagerare, fiumi di soldi. Ma poi, quello che è importante è che gli incentivi saranno il meno. Il comune che ospiterà la struttura avrà la svolta della storia del suo comune. Non conoscerà disoccupazione perchè riuscirà a generare un indotto spaventoso. Gli incentivi saranno l’ultima ruota del carro. A tal proposito, dove già si è fatto in Europa, i paesi intorno al deposito, che sono paesini di campagna, sono rifioriti con alberghi, ristoranti, nuove attività e l’agricoltura è stata completamente rilanciata attraverso lo sviluppo di una tecnologia innovativa di coltivazione e di meccanizzazione che ha consentito di aumentare continuamente la produzione. Le industrie sono rifiorite e tutto ciò a fronte di un rischio pressochè pari a zero e con un deposito nazionale di rifiuti radioattivi che è un assemblaggio monolitico di calcestruzzo armato impenetrabile. Anche gli edifici dove saranno conservati i rifiuti ad alta intensità saranno edifici progettati tecnicamente a norma. Inoltre bisogna precisare che i contenitori, che conservano la radioattività (questo è l’elemento ingegneristico), sono contenitori ad alta integrità di ghisa sferoidale, che consentono la conservazione in sicurezza della radioattività. In Europa, ad esempio, questi contenitori sono conservati dentro edifici ma già essi sarebbero sufficienti per controllare in sicurezza la radioattività. E qui noi avremmo a disposizione addirittura edifici progettati ad hoc (e al top!).

E i rifiuti chiamati “temporanei a lungo periodo” che fine faranno?

Questi rifiuti andranno al geologico per forza. In Italia economicamente e tecnicamente non si potrà fare nulla perchè non sono tanti come numero per giustificare l’investimento da fare per realizzare l’intervento. Ma gli altri stati europei ci aiuteranno e sarà creato un consorzio fra gli stati comunitari che si metteranno insieme e costruiranno quello che sarà un deposito geologico a servizio di tutti gli stati della Comunità Europea. Lo faranno insieme.

Cosa sa la gente del nucleare?

È stata svolta già un’indagine a livello nazionale per capire cosa ne sa la gente del nucleare ed è stata condotta anche su un campione rappresentativo  da ogni punto di vista. Prima di formulare le domande si è cercato di spiegare cosa si stava facendo e alla domanda “che cosa hai più paura rispetto un deposito di rifiuti radioattivi?”, la risposta principe è stata “che esplode!”. Ma tutto può fare, un deposito di rifiuti radioattivi, meno che esplodere. Non c’è la possibilità di un’esplosione neanche se la struttura venisse bombardata.

Cosa succederà nei prossimi mesi?

Il governo con il ministero dovrà inviare, entro Agosto, alla Comunità Europea il Programma Nazionale della gestione dei rifiuti radioattivi che comprenderà la carta e la descrizione della procedura che Sogin sta attuando. Infatti la sola pubblicazione della carta, non è l’adempimento della legge europea. La consolazione di tutti è che l’attività sarà svolta bene con un’attività tecnica scrupolosa e con procedure pazzesche, vista la delicatezza dell’argomento. Il futuro progetto sarà realizzato ad hoc attraverso un dibattito tecnico e competente.

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