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Soil flushing (lavaggio in situ)

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Soil flushing (lavaggio in situ)

Sistema di irrigazione o iniezione che si basa su una tecnologia in situ che effettua l’estrazione e l’allontanamento del contaminante dal terreno mediante soluzioni estraenti (acqua e tensioattivi o cosolventi per migliorare l’efficacia del trattamento) e la concentrazione e/o trattamento dell’inquinante nel mezzo di estrazione recuperato. Quest’ultimo viene immesso in pozzi a monte dell’area contaminata ed estratto a valle tramite pozzi di captazione per essere depurato e scaricato (in acque superficiali o in fognatura) od eventualmente recuperato e riciclato. Il meccanismo di lavaggio prevede il passaggio e la dispersione in soluzione (dissoluzione in un fluido acquoso) di contaminanti presenti nel sottosuolo sotto forma di particelle sospese, di micelle o adsorbito sulle particelle del terreno, tramite un additivo chimico (in genere un tensioattivo) che rimuove i contaminanti oleosi, trasferendoli nel fluido estrattivo. Nella fase di mobilizzazione intervengono sia meccanismi fisici (azioni di attrito) e chimico-fisici (desorbimento). Spesso questa tecnologia è utilizzata in combinazione con talune tecniche di biorisanamento in situ al fine di aumentare l’efficacia della biodegradazione; Richiede in generale un’attenta valutazione della quantità del reagente da adoperare per evitare problemi indotti e difficilmente controllabili di inquinamento nel terreno e/o nelle acque sotterranee e una valutazione preventiva delle reazioni possibili tra contaminanti diversi ed agente estrattivo, al fine di evitare la formazione di vapori tossici o di composti più dannosi degli originari. Vengono rimossi: a) contaminanti volatili organici facilmente rimovibili dal terreno (E= 90-99%), b) contaminanti organici semivolatili tramite tensioattivi o di cosolventi con rendimenti di rimozione meno elevati (40-90%), c) composti inorganici modificando il pH mediante soluzioni diluite di acidi o basi, d) metalli o pesticidi con l’uso di soluzioni acide e di agenti chelanti (EDTA). I rischi legati a codesta tecnologia riguardano principalmente la mobilizzazione incontrollata di contaminanti dal sito (gli interventi sono spesso realizzati dopo aver predisposto un diaframma di contenimento a valle). Le prestazioni invece del processo dipendono dal tempo di contatto tra la soluzione dilavante e la zona contaminata, dall’adeguatezza del fluido estraente utilizzato, dall’umidità del terreno, dal contenuto organico, dalla tessitura e dalla permeabilità. I migliori risultati si sono riscontrati in terreni sabbiosi.


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