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Salinità

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Salinità

Parametro che esprime il rapporto tra la massa di sale (ad esempio Cloruro di Sodio, Cloruro di Magnesio e Solfato di Magnesio), misurata di solito in grammi, contenuta in una data quantità di acqua di mare (un chilogrammo) e la quantità di acqua stessa, misurata in litri oppure in kilogrammi. Questi sali sono disciolti nell’acqua sotto forma di ioni liberi, ovvero sotto forma di atomi dotati di cariche elettriche positive, cationi (Na+, Mg+ +, Ca+ +, K+), e di strutture dotate di carica negativa, anioni (Cl, SO4– –, HCO3).

I cationi, insieme all’anione bi-carbonato (HCO3), derivano prevalentemente dalle terre emerse, gli anioni invece da attività vulcanica. Tali ioni hanno principalmente due origini: da una parte sono generati dalla degradazione delle rocce emerse ad opera degli agenti atmosferici, dall’altra dai processi idrotermali e dalle emissioni vulcaniche sottomarine di gas e lave che avvengono soprattutto lungo le dorsali medio-oceaniche. Le acque piovane, dilavando i terreni, trasportano i sali minerali in esse solubili, per poi confluire in corsi d’acqua che da ultimo sfociano in mare. A questo punto l’acqua evaporerà formando nuove nubi e riprendendo nuovamente il ciclo di scorrimento verso il mare. È importante ricordare che l’evaporazione è un fenomeno fisico che rigenera esclusivamente l’acqua, mentre tutte le sostanze disciolte, sospese o diffuse rimangono in mare. Le proporzioni relative fra i vari ioni in tutti i mari del mondo sono pressoché le stesse anche se la loro quantità totale varia in modo notevole da zona a zona. In pratica tutte le acque marine contengono gli stessi ingredienti e nelle stesse proporzioni: questo viene indicato come “prima legge dell’oceanografia chimica”. La salinità media dei mari è del 35%, ovvero 35 g di sale per 1 kg d’acqua, ma in mari chiusi o semichiusi dove l’evaporazione è maggiore rispetto agli apporti di acqua dolce, che avvengono attraverso i fiumi e le precipitazioni meteoriche, i sali si concentrano e la salinità aumenta.

È il caso, ad esempio, del Mar Rosso, dove il clima arido delle zone circostanti e la scarsità di fiumi comportano una salinità media del 42%. Anche il Mediterraneo ha una situazione simile e la sua salinità media è del 37%. Nei mari molto freddi, in cui grandi masse d’acqua gelano durante l’inverno, si hanno aumenti di salinità perché la solidificazione in ghiaccio che interessa l’acqua esclude parzialmente i sali. Al contrario, dove vi è un notevole apporto di acque fluviali la salinità è più bassa, come ad esempio nel Mar Nero (17%) ma anche in molte lagune costiere dove le acque sono appunto dette salmastre. La salinità può variare sia orizzontalmente sia con la profondità. Ad esempio man mano che ci si allontana dalle foci dei fiumi verso il mare aperto la salinità aumenta progressivamente, anche se le acque superficiali possono risultare meno salate di quelle profonde anche a diversi chilometri di distanza dalla foce come si verifica, per esempio, in Alto Adriatico, davanti al delta del fiume Po. In questo caso si forma una netta separazione fra i due tipi d’acqua a diversa salinità che viene detta aloclino.

Il fenomeno può essere osservato anche durante un’immersione, sia nei pressi di fuoriuscite d’acqua dolce che all’interno di alcune grotte, sotto forma di distorsioni sinuose delle immagini causate dalle differenti densità. Nel caso di acque continentali (fiumi, laghi,ecc.) la salinità, che viene definita più precisamente residuo fisso, rappresenta la massa del residuo di sali, ottenuto per evaporazione di un litro di acqua filtrata, essiccato per quattro ore a 110 °C. La determinazione diretta della salinità di un’acqua naturale, effettuata attraverso la misura della concentrazione di tutti i sali in essa disciolti, è estremamente complessa e quindi non può essere considerata come metodo analitico pratico. Si ricorre pertanto ad un metodo indiretto basato sulla misura della conducibilità elettrica dell’acqua di mare e sul rapporto tra questa e la conducibilità di una soluzione di riferimento.

L’unità di misura ufficialmente adottata, riferita alla Practical Salinity Scale, è il psu (Practical Salinity Units), corrispondente al rapporto tra la conduttività elettrica di un campione di acqua di mare e quella di una soluzione standard di KCl nella quale la massa di Kcl sia 32,4356 grammi di sale disciolti in 1 kg di soluzione a 15 °C ad alla pressione di una atmosfera standard. Questo significa che tutti i rapporti di conducibilità sono riferiti ad una conducibilità di riferimento ben definita e riproducibile. I rapporti sono adimensionali e 35 psu equivalgono a 35 grammi di sale per litro di soluzione. La salinità è un fattore ecologico di considerevole importanza, in grado di influenzare la tipologia di organismi che vivono in un corpo idrico e le specie di piante in grado di crescere in un ambiente acquatico, o in un terreno lambito dall’acqua. Una pianta che si adatta a condizioni saline è detta alofita mentre gli organismi (prevalentemente batteri) in grado di vivere in condizioni molto salate rientrano nella categoria degli estremofili, è più specificamente sono degli alofili. Un organismo in grado di vivere in un ampio intervallo di salinità è detto eurialino. Inoltre il contenuto salino dell’acqua è un importante fattore nella determinazione della potabilità dell’acqua o del possibile utilizzo per scopi industriali o agrari. 


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Fonte: web.tiscali.it